19 settembre 2019

Sempre più testimoni e meno maestri nella casa del Csi

Cosa penso della vicenda esplosa in questi giorni sulla commistione curve–malavita che tentava di condizionare la Juventus? Per prima cosa merita rispetto la società Juventus per il coraggio con il quale ha affrontato il problema. Poi, inquadrando il problema sulla povertà economica e culturale, che esiste dietro questi presunti ricatti ai club, e alla subcultura del tifo che coinvolge anche una folta platea giovanile, mi chiedo come si possa essere arrivati a tal punto, convinto che questi fenomeni siano la degenerazione assoluta dello sport, effetti perversi di un modo sbagliato di vivere la pratica sportiva.

Mi auguro che nessuno di noi, nel Csi, pensi di essere immune da questi rischi o, peggio, di essere migliori di altri. È evidente come gli interessi in campo siano diversi e quindi anche imparagonabile il livello di delinquenza. Ma è forse meno grave, in termini etici, la violenza sugli spalti che i bambini sono costretti a vedere quando litigano i genitori? Oppure quando in un incontro vengono riservati insulti e minacce di ogni genere agli avversari in campo, ai “tifosi” dell’altra parte e all’arbitro? Prima di guardare fuori casa riflettiamo bene su quanto a volte succede in casa nostra. Questo ci serve per mantenere il giusto atteggiamento di umiltà e per consolidare il nostro impegno a promuovere uno sport di base che sia davvero quel magnifico strumento per far crescere la società in modo armonico, per educare i giovani, per renderli partecipi, attraverso l’attività sportiva vissuta sul campo, di un’avventura da condividere con gli amici da ricordare per tutta la vita. Però occorre saperlo fare perché non è più sufficiente indicare la strada da percorrere; è tempo di impegno, ad ogni livello, per costruire questa strada e per tenerla poi in buone condizioni. È tempo che il Csi sia sempre più la casa dei testimoni e un pò meno dei maestri.

Le degenerazioni del tifo calcistico che sono finite su tv, giornali e social in questi giorni non sono

un fenomeno esploso il giorno prima; sono il risultato di un lungo cammino di malcostume, di soprusi, di ricatti che hanno radici lontane. E dimostrano che anche il semplice “tifo contro”, se tollerato, può essere pericoloso. Dobbiamo smetterla di chiudere occhi e orecchi, di fronte alla violenza verbale di chi partecipa agli eventi sportivi, per sfogare gli istinti più beceri. Lo sport è momento di gioia, di incontri fra persone, di relazioni vecchie che si consolidano e nuove che nascono. Non possiamo ammettere che diventi una strada a fondo chiuso, vicolo cieco che porta sicuri danni.

Siamo in attesa di capire quali saranno le decisioni che prenderà il nuovo Governo, in particolare quelle del ministro Spadafora. Voglio sperare che la politica, quella nobile, abbia la capacità di esprimere attenzione per un patrimonio che in Italia è notevole da salvaguardare con i fatti, non con vuote parole. Siamo una nazione plurimedagliata, ricca di campioni di ogni disciplina, ma al contempo – e questo può sembrare un paradosso – risultiamo fra i Paesi col più alto tasso di problemi giovanili legati alla sedentarietà e a scorretti stili di vita. Qui lo sport può incidere, con effetti concreti sia a livello sociale, sia sanitario. Se c’è prevenzione ci si ammala di meno con conseguenti notevoli benefici anche sulle tasche degli italiani. Aspetti non trascurabili, da gestire in un’azione strategica delle azioni da fare. Per questo abbiamo un grande bisogno di una politica “alta”, capace di servire la comunità.

 

L'angolo del Presidente

Sempre più testimoni e meno maestri nella casa del Csi

Vittorio Bosio

Presidente Nazionale